domenica 10 marzo 2013

Servitori del caos


A volte, ci sono eventi della vita che aprono gli occhi, che costringono a riconsiderare tutto quanto si è sempre considerato un valore. Incoerenza? No, è solo attraverso queste mutazioni che l'uomo può giungere alla sua pienezza.
Ero ancora immaturo e vecchio quando, con i miei compagni, decisi di seguire un indizio (ed era invece un segno del Destino!): il nome dell'artigiano inciso sull'anello multifunzionale (dotato di lente e lama a scomparsa) posto al dito della mano del nostro amico fantasma. Si trattava di un artigiano-inventore molto noto in città, che aveva realizzato macchine davvero mirabolanti. Quando bussammo alla sua porta, ci venne ad aprire uno strano mezz'uomo dal pesante accento della Tilea del Sud: l'inserviente del Maestro.
-        Venite per il lavoro? - ci chiese.
Così asserimmo, e fummo così ammessi alla presenza del Maestro, nel suo mirabolante antro dove si ammassavano macchine per il volo planato umano, foderi per estrazione rapida, armi a ripetizione, e addirittura una nave adatta alla navigazione subacquea, già pronta ad una partenza di emergenza nelle profondità del prossimo fiume. E chissà quante altre mirabilie.
Tutto ciò aveva portato ricchezza al nostro, ma anche grattacapi: regolarmente, degli uomini mascherati venivano ad esigere, con minacce, una forte somma di denaro. Sarebbero tornati anche quella sera, e la nostra missione era punirli severamente, senza che fosse possibile capire chi fosse il mandante. Per questo avremmo incassato 100 monete d'oro a testa: avremmo comunque aiutato il bisognoso, ma così l'avremmo fatto più volentieri.

Dopo la cena, Ulrich e mio fratello accompagnarono sul tetto il nostro ospite, che voleva sincerarsi del funzionamento di uno strano marchingegno che aveva impiantato per raccogliere l'elettricità dei fulmini. Io rimasi di sotto con il nano e von Baracca, perché pioveva, ed io odio la pioggia.
Bene, avevo ragione a non voler uscire alle intemperie. Tempo quattro minuti, ed ecco quello che vidi e sentii:
-        urla selvagge;
-        mio fratello che scendeva tutte le scale con il deretano, quasi ammazzato da un fulmine che si era scaricato sul marchingegno;
-        Ulrich che precipitava in giardino (rompendosi una gamba) insieme ad un altro uomo, morto sul colpo, che si rivelò essere una spia di Nuln.
Mai uscire con la pioggia.
Stavamo ancora meditando su cosa fare del cadavere, quando udimmo bussare alla porta: erano i ricattatori. Convincemmo il Maestro a pagarli ancora per questa volta, e li seguimmo mentre si allontanavano nel Silenzio. “Nel Silenzio” non significa che fossimo furtivi, il nano in particolare produceva un rumore d'inferno: significa che mio fratello aveva lanciato l'incantesimo “silenzio” per non farci scoprire.
In un modo o nell'altro, comunque, riuscimmo a seguire i malviventi sino alla caserma della guardia! Quei criminali mascherati erano i cosiddetti tutori dell'ordine locali!
La situazione si complicava, così tornammo dal Maestro per decidere il da farsi. Avevamo una mezza idea di ammazzarli e di inscenare un tafferuglio con la spia di Nuln, ma appena arrivati il mezzuomo sudtileano ci annunciò tutto soddisfatto di aver completamente bruciato il cadavere: una bella faticaccia, ma ne era valsa la pena!
Meno soddisfatto fu il Maestro, che decise seduta stante di abbandonare la città con la sua nave sommergibile. Ci lasciò metà del compenso pattuito e se ne andò, autorizzandoci a prendere ciò che volevamo dal laboratorio, nella mezz'ora che sarebbe passata prima della distruzione della casa: non avrebbe lasciato nulla ai suoi concittadini.
In effetti, trovammo materiali molto utili: Ulrich e von Baracca, in particolare, rintracciarono armi eccezionali, una lancia magica il primo, una pistola a ripetizione il secondo (si trattava solo di imparare ad usarla).
Mio fratello, invece, cercò un piccolo laboratorio per analizzare la pozione che aveva trovato nel tempio di Tzeeenich che avevamo sconsacrato. Nel farlo, aprì il botticino: fu l'illuminazione! Il suo rantolo ci chiamò, per aiutarlo, e fu lui ad aiutare noi. O meglio, la pozione. Evaporava rapidamente, e noi ne inalavamo i potenti effluvi, abbandonando il nostro vecchio io. Il corpo soffriva, ma si mutava, si mutava in meglio con i doni del Caos, e così le nostre menti si aprivano alla conoscenza della Verità. Avevamo sempre servito gli schiavi e i deboli, invece il mondo appartiene a chi sa superare questo moralismo da servi. L'umanità deve andare avanti, migliorare nella mutazione e farsi più forte, secondo la sola regola universale, quella della sopraffazione!
Non avevamo eliminato il tempio nella foresta a caso: eravamo stati prescelti dal Caos per sostituire i suoi inetti servitori del luogo.
Ed io, io sono l'Eletto.

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