A volte, ci sono eventi della vita che aprono gli occhi, che
costringono a riconsiderare tutto quanto si è sempre considerato un valore.
Incoerenza? No, è solo attraverso queste mutazioni che l'uomo può giungere alla
sua pienezza.
Ero ancora immaturo e vecchio quando, con i miei compagni,
decisi di seguire un indizio (ed era invece un segno del Destino!): il nome
dell'artigiano inciso sull'anello multifunzionale (dotato di lente e lama a
scomparsa) posto al dito della mano del nostro amico fantasma. Si trattava di
un artigiano-inventore molto noto in città, che aveva realizzato macchine
davvero mirabolanti. Quando bussammo alla sua porta, ci venne ad aprire uno
strano mezz'uomo dal pesante accento della Tilea del Sud: l'inserviente del
Maestro.
-
Venite per il lavoro? - ci chiese.
Così asserimmo, e fummo così ammessi alla presenza del
Maestro, nel suo mirabolante antro dove si ammassavano macchine per il volo
planato umano, foderi per estrazione rapida, armi a ripetizione, e addirittura
una nave adatta alla navigazione subacquea, già pronta ad una partenza di
emergenza nelle profondità del prossimo fiume. E chissà quante altre mirabilie.
Tutto ciò aveva portato ricchezza al nostro, ma anche
grattacapi: regolarmente, degli uomini mascherati venivano ad esigere, con
minacce, una forte somma di denaro. Sarebbero tornati anche quella sera, e la
nostra missione era punirli severamente, senza che fosse possibile capire chi
fosse il mandante. Per questo avremmo incassato 100 monete d'oro a testa:
avremmo comunque aiutato il bisognoso, ma così l'avremmo fatto più volentieri.
Dopo la cena, Ulrich e mio fratello accompagnarono sul tetto
il nostro ospite, che voleva sincerarsi del funzionamento di uno strano
marchingegno che aveva impiantato per raccogliere l'elettricità dei fulmini. Io
rimasi di sotto con il nano e von Baracca, perché pioveva, ed io odio la
pioggia.
Bene, avevo ragione a non voler uscire alle intemperie.
Tempo quattro minuti, ed ecco quello che vidi e sentii:
-
urla selvagge;
-
mio fratello che scendeva tutte le scale con il
deretano, quasi ammazzato da un fulmine che si era scaricato sul marchingegno;
-
Ulrich che precipitava in giardino (rompendosi
una gamba) insieme ad un altro uomo, morto sul colpo, che si rivelò essere una
spia di Nuln.
Mai uscire con la pioggia.
Stavamo ancora meditando su cosa fare del cadavere, quando
udimmo bussare alla porta: erano i ricattatori. Convincemmo il Maestro a
pagarli ancora per questa volta, e li seguimmo mentre si allontanavano nel
Silenzio. “Nel Silenzio” non significa che fossimo furtivi, il nano in
particolare produceva un rumore d'inferno: significa che mio fratello aveva
lanciato l'incantesimo “silenzio” per non farci scoprire.
In un modo o nell'altro, comunque, riuscimmo a seguire i
malviventi sino alla caserma della guardia! Quei criminali mascherati erano i
cosiddetti tutori dell'ordine locali!
La situazione si complicava, così tornammo dal Maestro per
decidere il da farsi. Avevamo una mezza idea di ammazzarli e di inscenare un
tafferuglio con la spia di Nuln, ma appena arrivati il mezzuomo sudtileano ci
annunciò tutto soddisfatto di aver completamente bruciato il cadavere: una
bella faticaccia, ma ne era valsa la pena!
Meno soddisfatto fu il Maestro, che decise seduta stante di
abbandonare la città con la sua nave sommergibile. Ci lasciò metà del compenso
pattuito e se ne andò, autorizzandoci a prendere ciò che volevamo dal
laboratorio, nella mezz'ora che sarebbe passata prima della distruzione della
casa: non avrebbe lasciato nulla ai suoi concittadini.
In effetti, trovammo materiali molto utili: Ulrich e von
Baracca, in particolare, rintracciarono armi eccezionali, una lancia magica il
primo, una pistola a ripetizione il secondo (si trattava solo di imparare ad
usarla).
Mio fratello, invece, cercò un piccolo laboratorio per
analizzare la pozione che aveva trovato nel tempio di Tzeeenich che avevamo
sconsacrato. Nel farlo, aprì il botticino: fu l'illuminazione! Il suo rantolo
ci chiamò, per aiutarlo, e fu lui ad aiutare noi. O meglio, la pozione.
Evaporava rapidamente, e noi ne inalavamo i potenti effluvi, abbandonando il
nostro vecchio io. Il corpo soffriva, ma si mutava, si mutava in meglio con i
doni del Caos, e così le nostre menti si aprivano alla conoscenza della Verità.
Avevamo sempre servito gli schiavi e i deboli, invece il mondo appartiene a chi
sa superare questo moralismo da servi. L'umanità deve andare avanti, migliorare
nella mutazione e farsi più forte, secondo la sola regola universale, quella
della sopraffazione!
Non avevamo eliminato il tempio nella foresta a caso:
eravamo stati prescelti dal Caos per sostituire i suoi inetti servitori del
luogo.
Ed io, io sono l'Eletto.
Ecco questo è un risvolto interessante...
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